cerca nel sito      

 

DIE NOCTEQUE

 Leggendo “Giordano Gaetano Arcivescovo di Capua nel ’400” di Giancarlo Bova

Il lavoro di Giancarlo Bova sulle pergamene aragonesi inedite dell’Archivio Arcivescovile di Capua continua die nocteque, è lo stesso storico a informarci della sua impegnativa consultazione di millesettecento pergamene, di cui settecento pubblicate in volumi precedenti. Qui, nella biografia dedicata all’arcivescovo capuano Giordano Gaetano, lo storico ripercorre la Capua del Quattrocento, accompagnando il lettore per le vie commerciali e le case spirituali di quella città fluviale del Mezzogiorno, non dissimile dalla marittima Amalfi in quanto a vivacità economica e sociale. Capua sul Volturno, un caleidoscopio colorato di etnìe, maestri e lavoranti, sacerdoti e fedeli, convergenti in un intento comune, nonostante i possibili contrasti: la coniugazione della produzione con la preghiera, la combinazione del materiale con lo spirituale, consapevoli della fatica necessaria per il raggiungimento di tale traguardo. Ecco Capua tardo-medioevale e pre-moderna, pullulante di gente, di botteghe e di chiese, una città che sente i tempi nuovi, interpretati dal clero più illuminato con un’intelligenza amministrativa e un’attenzione spirituale degne di nota. Giordano ne è stato un esempio, la sua vita raccontataci dal nostro storico è tutta dentro il contesto urbano, nella città vivente. 2 Dalla documentazione pergamenacea capuana sono desunti dati relativi all’edilizia, ai luoghi urbani ed extra-urbani, ai soggetti sociali che vi abitavano e si relazionavano. Veniamo a conoscere i loro mestieri, le professioni, le competenze, i servizi, gli incarichi laici ed ecclesiastici, le dinamiche economiche, religiose, culturali, che vedevano contrattare, avvicinarsi, talvolta distanziarsi, gli uomini locali, i forestieri, gli stranieri. Incontriamo vite e leggende: le vite degli arcivescovi Filippo Barile, Nicola d’Acciapaccia, Giordano Gaetano e le leggende del principe lebbroso, di Capys, della nave dei Santi, vite riguardanti la dottrina e l’opera cristiane, leggende rivolte all’immaginario collettivo credente nella guarigione, nella nuova fondazione, nella vincente resistenza ad ogni minacciosa tempesta. Le mura di Capua sono poderose e quando vanno distrutte si ricostruiscono; le porte della città si aprono in tutte le direzioni; le strade di varia lunghezza; le chiese con un castello di difesa annesso; le case provviste di corte e giardino, anche di pozzo e forno; le botteghe talvolta adibite a taverne. Fuori le mura urbane troviamo i mulini utilizzati per la macina del grano e non solo; e i lagni, le conche della paludosa Marcianise dove far macerare la canapa. A fornire la città di servizi sociali e soprattutto di attività economiche provvedono le scuole mediche, gli ospedali, i mercati e i mercatini, le fiere concesse da Roberto d’Angiò prima e da Alfonso d’Aragona poi, entrambi interessati ai vantaggi economici che esse comportavano. Numerosi gli artigiani che animano le botteghe, tanti i prodotti destinati al mercato: dai tintori ai calzolai, dai lavoratori di pelli ai fabbri, dai mercanti di 3 panni ai distributori di spezie, dai venditori di piante officinali ai profumieri, ecc. Accanto agli artigiani e ai commercianti ci sono i professionisti, prevalentemente uomini dotati di competenza giuridica: il legum doctor dominus, il magnificus vir dominus affiancato dalla magnifica domina, il poetico strambotator, il notarius, lo scriniarius, l’aurifex, ecc., che contrastano coi deducti ad maximam paupertatem. Ma il soccorso ai poveri non manca, come le documentate congregationes ci dicono, attive fin dai tempi della Capua normanna. A vivacizzare il quadro urbano rappresentato dal nostro storico intervengono lunghe elencazioni di nomi curiosi e di oggetti quotidiani. Qui citiamo solo alcuni nomi stuzzicanti all’orecchio, corrispondenti a personaggi che immaginiamo di incontrare in qualche via della città: oltre all’armigerus Scaramuccia da cui sarebbe derivata la nota maschera della commedia dell’arte nel Seicento, troviamo Bullone, Fallocco, Sarricchione, Spagnoletto, Staccharello, ecc. Cambiando registro, passiamo all’arcivescovo di Capua Giordano Gaetano operante nella seconda metà del Quattrocento, il regista spirituale della Capua del tempo. Dei suoi predecessori attivi nella prima metà del secolo, Barile e d’Acciapaccia, Bova disegna i rispettivi profili biografici, resi possibili dai documenti inediti da lui studiati. Di Filippo Barile (1406-1435) si ricorda l’intensa attività amministrativa: fu promotore della riparazione di edifici religiosi e della costruzione di nuove botteghe; diede il consenso a transazioni economiche riguardanti centri vicini a Capua come Marcianise o più distanti come Teano, così pure ad alienazioni 4 e a fitti in enfiteusi, di terre, case e orti, dietro corresponsione di tarì d’oro e carlini d’argento sempre benaccetti; spesso si avvaleva dei suoi procuratori intervenendo in questioni ereditarie private che riguardassero di riflesso pure la Chiesa, impegnata a sanare le ricorrenti controversie. Anche di Nicola d’Acciapaccia (1435-1447), fautore di Renato d’Angiò e inviso ad Alfonso d’Aragona che lo privò della residenza capuana costringendolo a quella romana, Bova evidenzia la cura per i restauri architettonici d’ordine religioso e per i lavori di ristrutturazione delle botteghe, sorvegliati dai procuratori dell’arcivescovo non residente a Capua. Più a lungo sarebbe durato l’episcopato di Giordano Gaetano (1447-1496), al quale corrisponde una più ampia documentazione. L’abate commendatario della Ss. Trinità a Gaeta, arcivescovo di Capua, patriarca antiocheno, fregiato delle armi de Aragonia, è dallo storico medievista ammirato per la sua capacità amministrativa e per la sua colta sensibilità. Presente nelle questioni religiose così come in quelle economiche, l’arcivescovo umanista rivelò una particolare attenzione alla letteratura e alle arti. Promotore di opere pie, si attivò per il decoro delle chiese superando la negligenza dei vecchi canonici e per una migliore mobilità della città alle prese col traffico di merci e viandanti. Su richiesta del re aragonese la Chiesa capuana provvide a precisare proprietà, confini, censi; il suo arcivescovo fu ligio nel pagamento delle tasse alla corona, nonché presente nella impegnativa amministrazione della diocesi, in un tempo non proprio facile da gestire, se si pensa a certe dinamiche sociali e a certi eventi politici: usurpazioni, epidemie, sismi naturali e religiosi, quale il tramonto dell’Impero bizantino. 5 A tal proposito, lo storico ci ricorda la solerzia di Giordano nell’approntare le rate per la decima della crociata contro i Turchi richiestagli dal papa. Resta l’aspetto maggiormente attraente dell’operato dell’arcivescovo, quello umanistico. La visita del presidente dell’Accademia Alfonsina Giovanni Pontano all’arcivescovo, l’acquisto del grande organo a canne, il potenziamento della schola cantorum, le commissioni di affreschi, tavole, statue lignee, icone indorate, ci testimoniano le finalità di Giordano: di voler non tanto accendere i sensi quanto piuttosto elevare gli animi dei fedeli. Irrinunciabile il richiamo alla lettera che precede il Breviarium Capuanum aggiornato da Giordano, contenente una raccomandazione: “Non si deve reputare che sia sufficiente decorare i templi, i santuari e le sacre sedi con portici, colonne, pitture e sculture, e in queste cose ostentare oro e argento, e che i sacerdoti e i ministri dell’altare indossino vesti rosse e anche purpuree e mostrino le opere della ricchezza e della potenza, se tra le prime cose, posposte tutte le altre al culto divino, non si impieghi cura assidua con pie suppliche e con preghiere, con il rito dovuto e nelle ore canoniche, di giorno e di notte”. È un invito a spogliare lo Spirito degli addobbi superflui. Un invito che idealmente rivolgiamo al lavoro dello storico: a sfrondare la Storia degli orpelli propagandistici. Pochi storici onesti lo fanno, Giancarlo Bova tra questi, che sanno di dover lavorare sui documenti, alla lunga ricerca della verità, die nocteque.

Antonio Falcone Firenze, aprile 2023

 

 

 

 

OTTIMIZZATO 1024X768

PALLADIO                 EDITRICE     Via P. P. De Crescenzo, 24 - 84121 SALERNO                     tel. 329-2366668                          URL  http://www.palladioeditrice.it

Aggiornato il: 07 maggio 2023